La prevenzione del rischio sta proprio nel valutare nell’operazione lavorativa quale sia il dispositivo di sicurezza idoneo per il lavoratore, questo permettergli di garantire lo svolgimento delle attività ed evitare rischi gravi!
Riportiamo oggi con la rubrica Gli eventi Raccontano, un fatto accaduto per la pulizia di cisterne usate per la lavorazione del vino.
L’evento letto dall’atto della cassazione ha evidenziato che la mancanza di un uso corretto dei Dispositivi filtranti e respiratori detti dispositivi di protezione personale portando il Datore di Lavoro ad essere imputato penalmente.
Sono molti più di quello che pensiamo gli incidenti avvenuti per la mancanza o l’uso scorretto dei DPI necessari in questo caso è relativo ad attività di pulizia di una cisterna.
I lavoratori nella loro normale attività di pulizia della cisterna che ha contenuto acque di scarico provenienti dalle lavorazioni interne alle cantine (pulizia di vasi vinari, pompe, ecc.), svolgono prima la “pulizia mediante l’estrazione della parte liquida”.
Per la pulizia della parte solida, i fanghi depositati sul fondo della vasca, utilizzano quindi una pompa collegata all’autospurgo e immettono acqua in pressione tramite una lancia.
La scala per accedere all’interno della vasca di accumulo è “costituita da 2 scale in successione: la prima, del tipo alla ‘marinara’ con montanti di corda e scalini in alluminio”, ancorata con due grossi moschettoni alla barra centrale posta sull’apertura della botola e penzolante nel vuoto; la seconda, rigida in alluminio, a pioli, di lunghezza di 5,7 metri, “appoggiata con i piedi sul fondo e con la parte superiore alla parete della vasca, a circa 1 metro dalla botola”.
Le operazioni continuano fino al pomeriggio quando un operatore entra nella cisterna con un autorespiratore a circuito chiuso collegato con l’autospurgo: un secondo operatore è già all’interno della vasca munito di una maschera a filtri ABEK.
Ad un certo punto l’autista dell’autospurgo comunica che essendosi riempita la cisterna interrompe l’aspirazione dell’acqua e l’alimentazione dell’autorespiratore per andare a scaricare. I due operatori all’interno della cisterna sollevano la propria maschera per “meglio comunicare all’autista che sarebbero risaliti subito, dando quindi l’assenso all’inizio della manovra di scollegamento dall’autospurgo”.
Mentre si apprestano ad uscire dalla cisterna un lavoratore, si sente male e inizia la salita delle scale per uscire; giunto quasi alla sommità perde i sensi e cadeva sul fondo della cisterna subedo un danno irreversibile che lo porta alla cessazione delle funzioni vitali.
Nel frattempo l’altro operatore, che si trova all’interno della cisterna e si è tolto la maschera per comunicare con l’infortunato, si sente anch’esso male e si appoggia alla parete della cisterna in prossimità della scala. L’autista, che ha chiuso la valvola pneumatica e fermato il compressore dell’aspirazione, sente un richiamo di aiuto e, avvicinatosi alla botola, vede un operatore vicino alla scala ed uno a terra sul fondo della cisterna a circa 6 metri di profondità.
Ritorna quindi velocemente all’autospurgo, rimettendo in funzione la parte aspirante per permettere una circolazione (tipo vortice) di aria con l’intento di aspirare i gas presenti nella vasca di accumulo e far entrare aria pulita nella vasca, e dà l’allarme chiamando 118 e Vigili del Fuoco che, arrivati sul posto, provvedevano a recuperare gli operatori dall’interno della vasca.
Sono diverse le cause dirette o indirette di questo grave infortunio:
– “una sottostima del rischio da parte degli operatori che si sono tolti le maschere;
– il sistema utilizzato per l’accesso al fondo della vasca;
– il mancato utilizzo di un sistema a fune di sicurezza collegata agli operatori all’interno della vasca”;
– l’altezza presumibile da dove è caduto l’operatore deceduto.
Quello che consigliamo in queste attività e ambienti di avere sempre una guida che gestisce i lavori interni, tutelando la sicurezza dei lavoratori e dell’azienda stessa.
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